Dieta a Zona, 40-30-30: saranno i numeri giusti?

DIETA A ZONA 



LE ORIGINI

La Dieta a Zona è un regime alimentare ideato dal biochimico statunitense Barry Sears (in foto) nella seconda metà degli anni ’90, il quale originariamente la presentò come una dieta onnivora alternativa alla dieta mediterranea e alla dieta preventiva, ossia a quegli stili alimentari in grado di prevenire le malattie non trasmissibili (diabete, malattie cardiovascolari).

La dieta a Zona si è rivelata, negli Stati Uniti prima e in Europa poi, un vero e proprio fenomeno di massa, grazie al gran numero di libri venduti, ai siti internet ad essa dedicati e all’ampia linea di integratori specifici necessari alla sua applicazione integrale.

RAGGIUNGERE LA ZONA

Sears afferma che la Zona è 

"un termine per descrivere quello stato di grazia fisiologico in cui si trova l’organismo quando gli ormoni sono in perfetto equilibrio e danno luogo a una salute ottimale”

Raggiungere la zona significherebbe raggiungere una condizione fisiologica di pieno benessere psicofisico.

Il metodo alimentare in questione si propone quindi di trattare il cibo come fosse una medicina a tutti gli effetti, in quanto gli alimenti posseggono il potenziale per diventare il più efficace farmaco disponibile, in grado di indurre "importanti modifiche all’organismo, centinaia di volte più potenti di qualsiasi medicinale". 

La dieta a Zona si propone di prevenire le malattie cardiovascolari e la morte prematura, aumentare la vitalità sessuale, migliorare il tono della pelle, aumentare la funzione celebrale, migliorare la performance fisica; tutto questo mediante la diminuzione dei livelli di insulina e l'aumento dei livelli di glucagone ed ecosanoidi*.

*Insulina: ormone che abbassa la glicemia; Glucagone: ormone che aumenta la glicemia; Ecosanoidi: acidi grassi che modulano alcune risposte chimico-endocrine, in maniera positiva oppure negativa a seconda del tipo di molecola.


COMPOSIZIONE DELLA DIETA

Il regime alimentare a zona si basa su 4 elementi fondamentali: 

- Alimentazione

- Esercizio Fisico

- Gestione dello stress

- Integrazione di Omega 3

La dieta a zona si propone di regolare i meccanismi ormonali di insulina e glucagone  al fine di mantenere in equilibrio una importante classe di ormoni, gli ecosanoidi, grazie ai quali si otterrebbe un’ottimizzazione del metabolismo umano.

Per raggiungere questa condizione è fondamentale seguire scrupolosamente determinate regole nutrizionali: 


I carboidrati non devono costituire più del 40% dell’energia totale ed è consigliato consumare prodotti a basso indice glicemico; proteine e lipidi devono costituire ciascuno il 30% dell’energia totale (modello 40-30-30).

Secondo Sears, ad ogni pasto bisognerebbe mantenere un rapporto tra proteine e carboidrati tra 0,6 e 1.

La dieta a Zona viene proposta come dieta dimagrante; applicata allo sport, tale regime dovrebbe portare a un miglioramento delle prestazioni di durata, a un aumento della massa magra e ad una riduzione della massa grassa.  

LA REALTA’: EVIDENZE SCIENTIFICHE CHE SCARSEGGIANO

Sebbene i suoi fautori rifiutino la definizione, è chiaro che la dieta a Zona sia una dieta palesemente iperproteica, con un apporto di proteine spesso superiore rispetto al fabbisogno.

Anche applicando i principi di tale dieta a uno sportivo (il cui fabbisogno proteico è maggiore rispetto a un sedentario), difatti, si ottiene una composizione nutrizionale estremamente squilibrata, con eccesso di proteine e scarsità di carboidrati. 

La mancanza del corretto apporto di carboidrati quando si pratica un’attività sportiva, in particolare agonistica e ad alta intensità, significa mancanza di energia, peggior performance, peggior recupero, nonché catabolismo anziché anabolismo. Negli ultimi 150 anni, infatti, la letteratura scientifica sostiene fortemente l’importanza di una dieta iperglicidica (carboidrati 55-65%), equilibrata in grassi e proteine per gli atleti, secondo il modello mediterraneo.

Diversi autori scientificamente accreditati smentiscono i principi biochimici sui cui si basa tale regime alimentare, in quanto i decantati effetti ormonali della dieta si baserebbero su una suddivisione troppo schematica e semplicistica dei meccanismi biochimici, che non considera in maniera completa la complessità del sistema. 

Le vie metaboliche indicate dalla dieta a zona che dovrebbero connettere tra di loro dieta, insulina-glucagone ed ecosanoidi non sono attualmente conosciute; l’affermazione che insulina e glucagone controllino la produzione degli ecosanoidi non trova conferma biochimica.

Nell'elogiare gli effetti della sua dieta, Sears ha presentato spesso concetti corretti solo in linea teorica, che però non sono mai stati dimostrati nell’uomo; la maggior parte delle dimostrazioni sperimentali presentate dall’autore, poi, riguarda lo studio di casi singoli e esperienze isolate. 

Mancano quindi studi condotti in maniera tale da poter essere convalidati da quella valutazione scientifica che diventa quindi la base per la credibilità di una teoria. 

I RISCHI

Essendo la dieta a zona una dieta iperproteica, un’applicazione prolungata di tale regime non è esente da rischi. 


L’AHA (American Heart Association) ha inserito la dieta a zona nella classifica delle 5 diete iperproteiche che indirizzano verso un minor consumo di alimenti salutari e che ostacolano i principio di varietà delle scelte alimentari, fondamentale per l’apporto di tutti i nutrienti. 

Secondo l’AHA, queste diete portano a: 

Alterazione colesterolo cattivo

Aumento della pressione arteriosa

Iperuricemia

Aumento perdita di calcio per via renale

Ridotto intake di fibra e sostanze antiossidanti. 

Infine, c’è da sottolineare come la dieta a zona, attuando una forte restrizione su diverse categorie di alimenti, suggerisca un’integrazione con prodotti e polveri, che, guarda caso, sono fatti apposta per seguire tale regime. 


IN CONCLUSIONE

La dieta a zona si inserisce quindi nel quadro delle diete iperproteiche e a basso apporto di carboidrati che purtroppo oggi sono ancora molto di moda. 

Contrariamente a quanto pubblicizzato dai suoi sostenitori, gli effetti che tale regime si propone di avere sul metabolismo si basano su connessioni ipotizzate, semplificate e spesso paradossali: non ci sono evidenze scientifiche sufficientemente forti per giustificare l’adozione di un regime dietetico di questo tipo, in particolare per gli sportivi, per i quali rischia di peggiorare la performance.

Come altre diete iperproteiche, poi, anche la zona non è quindi esente da rischi e effetti negativi sulla salute.

Il messaggio è sempre lo stesso: non esistono alimenti o diete miracolose. Una sana alimentazione, anche in funzione del raggiungimento di determinati obiettivi fisici o di performance, è sempre un’alimentazione varia ed equilibrata, che si basa sui principi della dieta mediterranea. 

Non farti ingannare. Tutela la tua salute rivolgendoti sempre a un professionista. 

Dott.ssa Giulia Corradini



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